Lettere

Una nuova edicola sospesa

A seguito della vs. missiva AR del 26-10-2010, preciso quanto segue.

Sono ancora in attesa di quanto richiestovi in data 1-10-2010, richiesta rinnovata telefonicamente frequentemente (in modalità “viva voce” innanzi a testimoni astanti) e ribadita per iscritto, la mail è acclusa a fondo pagina quale ALLEGATO NR. 2.

Nonostante quanto viene tentato di porre in atto verso la credibilità mia e della mia rivendita, senza i dati richiestivi, rimarco l’impossibilità ad effettuare i leciti controlli incrociati, quindi evidenzio ulteriormente la vessatorietà, se non la probabile proditorietà delle vs. azioni e delle vs. richieste pecuniarie quali la sospensione unilaterale delle forniture, le pressioni del tipo interpretabile quali minatorie effettuatemi in “viva voce” circa la sopravvivenza della mia rivendita , eventi già citati nella mail mia del 20-10-2010 acclusa a fondo pagina quale ALLEGATO NR. 1 e la velata richiesta sottomissiva (anche in questo caso effettuate in “viva voce” innanzi a testimoni astanti).

Poiché nel caso assecondassi le vs. attuali richieste di danaro, come già accaduto molteplicemente in zona, tutto ciò porterà a vs. ulteriori richieste pecuniarie tramite la tecnica di discutibili, se non aberrate iper-forniture principalmente di prodotto basso-vendente, tanto da ridurre in stato di sottomissione finanziaria (tramite le già richieste fideiussioni) la rivendita, la quale così è “controllabile” e gestibile sulle basi del timore di una ulteriore sospensione delle forniture evento che farebbe perdere alla rivendita la fideiussione versata, il che è attuabile tramite l’induzione del debito a mezzo dell’incremento delle forniture grazie all’utilizzo ed all’interpretazione unilaterale e scandalosamente speculativa delle norme pattizie.

In virtù di quanto esposto in questa missiva, ribadisco i dubbi circa la vs. condotta, poiché, come da contratto avreste dovuto fornirmi il listato giornaliero delle rese, che sin dal giorno della sospensione delle forniture vi ho richiesto (anche in questo caso in “viva voce” e dinnanzi a testimoni), invio che come in altri casi non è stato effettuato da parte vostra, se non poi in ultimo, vedere il prodigarvi per “accelerare” come a preparare il terreno al fine di dimostrare che io sia un “cattivo pagatore” per di più in mala fede.

Ribadisco ulteriormente i dubbi circa la leicità del danaro richiesto (a me ed a molte edicole della zona) prima della chiusura estiva, tanto da presumere che questo sia il motivo del vs. disappunto.

Comunque, per attestare la trasparenza della mia condotta e la mia buona volontà innanzi a parti giudicanti, nonostante rimarchi l’impossibilità ad effettuare ulteriori controlli circa la correttezza delle vs. forniture, mi appresto in data odierna a fornirvi le rese secondo quella che è la scansione temporale attuabile da un singolo lavoratore.

Rimarco altresì come le medesime dinamiche e modalità delle numerose chiusure forzate dalla vs. impresa dal momento della sua entrata sullo scenario locale potrebbero essere interpretate da terzi quali l’attuazione di una sorta di strategia finalizzata alla soppressione del dissenso delle rivendite che si oppongono alle modalità che tristemente vi connotano, al fine di incrementare senza obiezione alcuna il monte-finanziario tramite gli incassi delle edicole forzatamente fornite da voi a partire dal novembre 2009.

ALLEGATO NR. 1

Diffidando delle vs. modalità comportamentali e meditando in merito a quanto comunicatomi per via telefonica dalla vs. sig.ra Favini, ribadisco ulteriormente che eventuali comunicazioni da parte vostra mi dovranno essere inoltrate per via scritta.

Faccio notare che la visita diretta di vs. funzionari dirigenziali non è gradita, quindi vi invito e diffido nuovamente dal porre in atto azioni di pressione diretta quale quella che la Favini ha annunciato (in viva voce telefonico) tramite la visita di un componente la della famiglia proprietaria della vs. impresa.

Ribadisco d'essere ancora in attesa di quanto richiestovi nella mail acclusa a piè pagina.

ALLEGATO NR. 2

In merito alla vs. missiva del 30/09/2010 avente per oggetto "sospensione forniture illustrati" ed alla conseguente gestione economica delle forniture di codesta rivendita,
contesto "in toto" le vs. richieste di danaro e la conseguente legittimità delle stesse.
Come da Contratto Nazionale, richiedo, a partire dall’Estratto conto nr. 30 la visura dell’esplosione analitica delle forniture correlata alle vs. richieste pecuniarie
per singola imputazione su fornito/reso, basate su sub-totali differenziali (fornito/reso) giornalieri.
Ossia:

- quanto, secondo voi, mi avete fornito (in quantità di giornali ed in danaro richiestomi)

- quanto, secondo voi, vi ho reso (in quantità di giornali ed in danaro da scalare dalle richieste pecuniarie per le forniture)

- la differenza tra gli importi correlati alle singole forniture e rese giornaliere, ossia quanto, secondo voi, dovrei saldarvi quotidianamente.




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EDICOLANTI SVEGLIATEVI


Vorrei informarti della situazione disastrosa in cui vive una categoria da tutti conosciuta ma praticamente invisibile a tutti gli organi di informazione. Sono un edicolante, vendo e leggo giornali tutti i giorni, leggo di crisi, leggo di banche che continuano a non rilasciare finanziamenti soprattutto dopo che dici di essere un edicolante. Perché? Semplice la risposta, siamo tutti alla canna del gas ed il settore non da nessun affidamento, ma i giornalisti che del settore dovrebbero avere una certa familiarità, come mai non trattano mai l’argomento EDICOLA. Devo presupporre che non sono al corrente del nostro stato di lavoro, sapete che noi della nostra edicola possiamo decidere praticamente niente, che la crescita del nostro lavoro non dipende da noi, esiste un contratto nazionale, bello ma a che serve? Io nella mia edicola ho migliaia di pubblicazioni all’anno esaurite, ciò vuol dire che ho avuta una perdita in mancata vendita abbastanza sostenuta, ma nonostante le continue segnalazioni alla distribuzione e al sindacato non si risolve il problema.

Tutti gli editori applicano condizioni di vendita al privato che per noi sarebbero un sogno, inoltre ci usano per farsi pubblicità e per inesorabilmente portarci via clienti. Signori su prodotti a cui ci viene corrisposto a noi un compenso pari al 19% vengono fatte campagne pubblicitarie con sconti al cliente che superano anche il 70%, inserendo naturalmente il volantino pubblicitario nelle stesse riviste che noi vendiamo.

Siamo affidabili come venditori? Ma neanche a parlarne, se qualche cliente fa qualche collezionabile, dobbiamo fare i salti mortali per non farci portare via il cliente stesso ed inoltre troppo spesso diventa un’impresa riuscire a fargliela finire, perché di punto in bianco l’editore fa i famosi tagli editoriali e noi facciamo la figura degli incapaci. Troppo spesso capita che collezionabili a noi affidati con tanto di gadget all’interno, si trovano poi in vendita in alcuni supermercati a prezzi ridicoli, da costi a noi oltre i sei o nove euro e offerti in questi centri a 1, 2 euro al massimo. Io personalmente ho comprato una bacheca che noi vendiamo a 19,90 al prezzo di € 2,00 ne ho comprate tre, ma voi in questi casi chi credete che fa la figura del ladro?

Devo anche ricordarvi che per poter vendere i quotidiani il distributore ci chiede una fideiussione bancaria (figurarsi se non vi fidate voi per primi pensa le banche) io ce l’ho per € 10.000 e mi costa € 350 all’anno, senza contare che così risulta una situazione comunque debitoria che rende difficile usufruire di qualsiasi altro credito.

Noi dovremmo (io lo sono) essere aperti tutti i giorni 12 ore consecutive da contratto (io dalle ore 06,00 alle ore 19,00) per 6 giorni alla settimana, più la domenica dalle ore 06,00 alle ore 13 sono la bellezza di 85 ore di lavoro alla settimana per una persona da sola, (e vi garantisco che la michetta per due è dura guadagnarla) sono considerate un’assurdità paragonabile alla schiavitù.

ECCO non è che qualcuno ha trovato il modo di avere una squadra di schiavetti a basso costo?

TUTTO CIO’ E’ VERGOGNOSO

Siamo in Italia, non è che per farsi ascoltare bisogna chiudersi su una gru, arrampicarsi sul Colosseo oppure darsi fuoco in qualche piazza, è possibile essere una persona normale e riuscire comunque a farsi ascoltare o bisogna solo arrivare sull’orlo della disperazione e fare gesti inconsulti.

Attenzione non facciamone una questione politica perché editori sia di destra che di sinistra in questo caso si comportano esattamente allo stesso modo.

Il nostro problema è ricordare all’EDITORE che noi esistiamo, forse dovrebbero usarci meglio, sfruttare questa enorme risorsa umana per vendere meglio e di più.

Io credo che sia arrivato il momento di tagliare il cordone ombelicale che ci tiene legati agli editori, dobbiamo diventare imprenditori, dobbiamo migliorare l’informatizzazione del nostro lavoro, dobbiamo chiedere al governo di sottrarre un po’ dei contributi destinati all’editore per restaurare, rinnovare o cambiare i chioschi esistenti, facilitare la concessione degli spazi che le amministrazioni locali devono concedere per le attività dando la possibilità a quelle esistenti di ampliarsi. Bisogna chiedere di esentare dalle tasse tutte quelle realtà al di sotto di un certo fatturato lordo che essendo di conseguenza piccole si troveranno certamente in piccoli paesi o in periferie dove effettuano di fatto un servizio al cittadino ed una democratica informazione.

Dobbiamo concordare con gli editori un doppio canale di fornitura, uno con diritto di resa con libera gestione da parte dell’editore, ma uno senza diritto di resa ma con pieno controllo delle quantità e di programmazione del lavoro da parte dell’edicolante, con incentivi alla vendita e premi per obiettivi raggiunti, NOI CARI EDITORI DOVREMMO ESSERE I VOSTRI RAPPRESENTANTI.

E’ nostro diritto avere una parità di trattamento con tutti gli altri canali di vendita, dare comunque l’opportunità all’edicola nel momento che l’editore concorda un abbonamento di non perdere il cliente cosa che invece ora accade puntualmente.

Non credo di aver detto delle cretinate, forse alcune cose vanno studiate nel metodo ma i concetti di base sono convinto che sono condivisi dalla stragrande maggioranza dei miei colleghi.
La speranza e che si crei un tavolo per dialogare tra persone con la volontà di costruire, risolvere e non tra persone che si preoccupano solo delle proprie realtà e ragionano con la paura di perdere comodità già acquisite o comunque paura di cambiare. Non stiamo a guardare è da troppo che lo facciamo dobbiamo muoverci e muovere il settore verso un cambiamento radicale.

Distinti Saluti
Dino